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Verso il Mare


Sui marciapiedi vuoti della stazione del pomeriggio l’aria è immobile come nell’ultimo avamposto di frontiera dell’Impero Austroungarico appena prima del deserto. Laggiù si apre la steppa e la Russia e l’Asia immensa come un sogno infinito che dà le vertigini, mormoravano vecchi contadini che ormai non esistono più, risucchiati chissà dove. Poi è passato un treno quasi per caso, guardandosi intorno smarrito. L’ho preso al volo perché volevo andare verso il mare. Sono sceso su un colle, tra case dipinte di giallo, di rosso e di blu con colori pastello, che mi hanno ricordato i tuoi occhi troppo chiari, troppo fragili, come sospesi tra due mondi. Le foglie che tremavano tra gli alberi erano invece l’enigmatico scintillio del tuo sorriso che conosceva tutte le sfumature tra l’ironia, l’amarezza e la gioia senza mai soffermarsi troppo su nessuna. Eri così bella che quando mi sfioravi tremavo come il vento che fugge nei deserti dei suoi sogni ma poi vuole tornare indietro, tra le foglie di un albero antico. Oltre il piccolo borgo si stendeva un campo sconnesso di ulivi tra le cui ombre risuonava la voce di Aristofane che in un simposio di Atene raccontava che gli esseri umani nei tempi ancestrali nascevano a coppie, con le schiene unite, finché siamo stati divisi con un colpo di spada dall’ira degli dei. Da allora, sentendoci irrimediabilmente incompleti, vaghiamo sulla terra in cerca della nostra metà perduta. Ma poi roviniamo tutto con parole inutili, con occhi freddi, con un colpo di dadi che ci allontana per strade divergenti che non si incontrano più. Scendendo per il colle sono arrivato al mare. L’immenso deserto d’acqua avvolgeva isole dolci come miraggi, come i sogni che ti chiamano dalle profondità della steppa e più vai avanti più loro ridendo si allontanano. Ma adesso tutte le voci e i rumori di mille città, dei mesi e degli anni passati e di tutta la vita gorgogliano tra le onde, si mescolano e infine si sciolgono nella distesa azzurra. Resta solo il profilo sottile del tuo viso, il tuo sorriso indecifrabile e i tuoi capelli biondi che si divertono ancora a ricaderti indomabili sugli occhi così chiari. Giunto al simposio in ritardo come al solito, finalmente Socrate prese la parola per dire che l’amore ha il potere di farci conoscere una bellezza così intensa, così assoluta e così grande da farci dimenticare le miserie quotidiane e insieme a loro la parte peggiore di noi. Chi ha visto almeno una volta la bellezza, per quanto poi si sia perso tra i rumori e le inutili voci delle città, non può far altro che sentirne l’irresistibile richiamo e volersi riavvicinare alla sua purezza e alla sua forza limpida. Così dopo infiniti viaggi, colmo di tutti i miei sbagli, le mie casuali generosità e le mie cicatrici, eccomi di nuovo a cercarti nel luccichio della luce tra le onde increspate. Per farmi abbracciare ancora una volta dal tuo sorriso indecifrabile e dai tuoi lunghi capelli biondi.
Antonio Zifaro

Pubblicato da Crimy

L'amore per la letteratura mi ha portato a essere costantemente aggiornata sull'arte e sulla scrittura. Benvenuti nel Mondo di Crimy

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